Da parecchio tempo a questa parte, ogni singolo granello di sabbia del pianeta Terra appartiene a questo o quell’altro Stato, che esercita i suoi poteri su un territorio determinato e stabilito da accordi internazionali. Ma è davvero così? Non proprio: al mondo esistono diversi territori, le cosiddette terrae nullius, che non sono rivendicati (o rivendicabili) da nessuno. Se questa sembra una buona notizia per gli aspiranti colonizzatori che credevano di essere nati nell’epoca sbagliata, va però detto che sarebbe molto difficile vedersi riconoscere la sovranità su questi luoghi. Ma andiamo con ordine.

Cosa sono le terrae nullius
Si tratta di un concetto usato nel diritto internazionale: sono definite come terrae nullius quei territori sui quali nessun soggetto – parliamo di Stati – ha mai esercitato la sovranità, o il cui sovrano ha perso esplicitamente o implicitamente il diritto alla stessa.
Le terre che non interessano ad alcuno Stato, seppur estremamente rare, esistono. Nella Storia ve ne sono stati diversi casi, verificatisi per negligenza, indifferenza o imprecisione di uno o più Stati: la sovranità norvegese sulle Isole Svalbard, ad esempio, fu definita solamente con un Trattato del 1920. Le Isole erano state rivendicate da diverse nazioni oltre alla Danimarca-Norvegia, ma nessuna di esse si era mai curata di occuparle de facto in pianta stabile.
Un caso nostrano è quello della Repubblica di Cospaia (oggi frazione di un paese nel perugino), nata da un errato tracciamento dei confini fra Stato della Chiesa e Repubblica di Firenze (1441). Una volta appreso di essere stati lasciati fuori per errore dai territori di entrambi gli Stati, i cittadini di Cospaia si affrettarono a dichiarare indipendenza e fondarono la propria Repubblica. Essa durò fino al 1826, sostenendosi principalmente grazie alla coltivazione di tabacco, per poi rientrare nei domini papali in cambio di una moneta d’argento per ogni cospaiese.
La maggior parte dei casi storici di terrae nullius è stata oggi “risolta”, ed oggi queste godono di una sovranità definita e riconosciuta internazionalmente. Ma, come anticipavamo all’inizio dell’articolo, esistono ancora oggi territori che non appartengono a nessuno.
Da questi, si faccia attenzione, vanno esclusi i territori contestati: un caso simile significa che almeno due attori politici stiano avanzando pretese de jure su un territorio, e che la situazione de facto sia strutturata di conseguenza, o viceversa. Quindi tutto fuorché una terra che non vuole nessuno.

Bir Tawil, la terra che nessuno vuole
Una delle più grandi terrae nullius è Bir Tawil, un altopiano desertico di circa 2000 Km quadrati situato fra Egitto e Sudan. Quando entrambi i Paesi erano sotto il controllo del Regno Unito, nel 1899, i Britannici si premurarono di porre il confine tra essi all’altezza del 22° parallelo, ponendo così Bir Tawil (a sud del parallelo) in territorio sudanese ed il più ricco territorio di Hala’ib (a nord del parallelo) in territorio egiziano. Una successiva modifica (1902) riassestò il confine tenendo conto delle popolazioni tribali che abitavano l’area: Bir Tawil passo così all’Egitto e Hala’ib al Sudan.
Come si può ben immaginare, entrambi gli Stati desiderano oggi il possesso di Hala’ib, territorio fertile e con accesso costiero, e non riservano alcuna pretesa sul deserto di Bir Tawil. In una situazione di vero e proprio aut aut diplomatico, l’Egitto (che ha il controllo de facto di Hala’ib) dà per buoni i confini del 1899 ed il Sudan quelli del 1902. Entrambi gli Stati, rivendicando così Hala’ib per se stessi, al contempo affermano automaticamente che Bir Tawil appartenga all’altro. Così, di fatto, questo non appartiene a nessuno!
Bir Tawil continua ad essere un territorio senza legge né giurisdizione, tanto che i suoi principali avventori sono gruppi di banditi e, talvolta, tribù nomadi, ma la popolazione residente risulta essere pari a zero.
Ciò non significa che nessuno ne abbia mai provato a rivendicare la sovranità. Nel 2011 il giornalista Jack Shenker, inviato del Guardian al Cairo, rimase affascinato dall’idea della no man’s land rappresentata da Bir Tawil e decise di recarvisi di persona, per piantare una bandiera a scopo simbolico.

Nel 2014, l’americano Jeremiah Heaton raggiunse a sua volta Bir Tawil per proclamarlo “Regno del Sudan del Nord”, sotto il suo dominio. Heaton affermò che Emily, la figlia di sei anni, nutrisse il sogno di diventare una principessa, ed i media raccontarono la bella storia di un papà che raggiunse terre desolate e inaccessibili per rendere questo sogno realtà. Successivamente, Heaton ha ampiamente pubblicizzato il fatto di voler rendere il suo “Stato” un paradiso del capitalismo libertario, dove le aziende possano produrre senza ingerenze statali e tributarie. Dal momento che la sua pretesa territoriale non è considerata seriamente da nessuno, è ancora da vedere se quest’idea possa trasformarsi per Heaton in un business redditizio; nel frattempo, è noto che egli abbia già venduto i diritti della sua storia alla Disney per un adattamento cinematografico.

Le nuove terrae nullius dell’ex Jugoslavia
Un’altra serie di esempi interessanti si trova nei Balcani. I disastri avvenuti in seguito alla dissoluzione della Jugoslavia di Tito sono ben noti; se oggi la situazione è relativamente tranquilla, esistono tuttavia delle fattispecie non definite dai trattati che hanno portato alla nascita di nuove terrae nullius.
Croazia e Serbia confinano lungo le sponde del Danubio, ma sono in disaccordo sull’appartenenza di alcuni territori lungo il Bel Fiume Blu. I Serbi affermano che i confini seguano in ogni punto il corso del Danubio, mentre i Croati vorrebbero che si tenesse in conto anche delle relative mappe catastali. In modo simile a quanto visto con il Bir Tawil, quindi, la Croazia rivendica per sé alcune terre ad est del Danubio (de facto controllate dalla Serbia), affermando viceversa che altre terre ad ovest dello stesso (quindi de facto croate) appartengano alla Serbia, che ovviamente non le desidera.

In questo caso, fra i due litiganti, il terzo è Vít Jedlička, politico ceco che ha rivendicato per sé il più grande (7 Km quadrati) di questi appezzamenti di terreno ripudiati. Nel 2015 egli vi ha fondato la “Repubblica Libera di Liberland“; come si può intuire, anche in questo caso il leitmotiv è l’idealismo, e nello specifico un’utopia di destra libertaria. Il Ministro degli Esteri croato ha affermato che la disputa di confine non costituisca terra nullius e che quindi la pretesa sia senza valore; il suo corrispettivo serbo, pur sostenendo sempre che si tratti di territorio croato, ha ritenuto l’atto frivolo.
Un’altra disputa di confine vede protagonista ancora la Croazia, ma stavolta con la sua vicina occidentale, la Slovenia. In questo caso la disputa è molto più ridotta e riguarda una lieve incoerenza fra le mappe catastali dei due Paesi per quanto riguarda un’exclave croata in Slovenia, i cui confini non sono chiaramente definiti ed hanno perciò portato alla formazione di una terra nullius. Sempre nel 2015, un gruppo di turisti polacchi ha approfittato della situazione per fondarvi il “Regno di Enclava“. L’opinione del Ministro degli Esteri sloveno, che ha affermato la necessità di un arbitrato internazionale per risolvere la disputa con la Croazia, ha contribuito a “scacciare” gli “invasori”.
Al che gli stessi polacchi, ormai evidentemente inebriati da spirito pioneristico, si sono recati verso il Danubio per occupare il secondo più grande – dopo Liberland – degli appezzamenti già citati. Con loro rammarico, però, su quel territorio era già sorta un’altra micronazione: la “Confederazione di Âûtia“, il primo Stato al mondo per le persone autistiche. Su alcuni dei territori già rivendicati da Âûtia, dei bulgari hanno inoltre stabilito il “Principato Ecologista Danubiense di Ongal“, guidato dall’auto-proclamato principe Sua Altezza Milomir I.

Quelle terre a cui tutti hanno rinunciato, per il bene comune
Su scala ben più macroscopica delle pur interessanti tensioni fra Enclava, Âûtia e Ongal, vale la pena di citare anche quei luoghi che non sono di nessuno non per disinteresse di un singolo Stato, ma per una rinuncia collettiva di tutti – o quasi – i Paesi. Una serie di trattati sottoscritti dalla maggior parte della comunità internazionale, infatti, prevede che non si possano reclamare come propri i territori antartici, le acque internazionali ed i corpi celesti. I trattati definiscono in modo preciso la possibilità di sfruttamento delle risorse, insediamento e ricerca scientifica, ma escludono la possibilità di rivendicazione territoriale di questi luoghi, che sono di fatto terrae nullius seppur regolate da giurisdizione.
Un caso particolare è costituito dall’Antartide, divisa in terre “reclamate” che i Paesi interessati – tranne Stati Uniti e Russia – hanno promesso col Trattato Antartico di non rivendicare mai, e da terrae nullius mai volute da nessuno, come Marie Byrd Land. Ad ogni modo, anche se qualcuno prendesse possesso di quei luoghi, ciò andrebbe contro il Trattato e la sovranità, già di per sé difficile da ottenere, non sarebbe riconosciuta da nessuno.

Proprio l’esistenza del concetto di acque internazionali, invece, ha concesso lunga vita ad una delle micronazioni più famose: il Principato di Sealand. Si tratta di una piattaforma antiaerea costruita in mare dalla Royal Navy britannica, e che si trova appena al di fuori delle acque territoriali inglesi. Abbandonata al termine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1967 Paddy Roy Bates ne prese possesso rivendicandone la sovranità. Sealand, seppur non riconosciuta da alcuno Stato sovrano, sopravvive ancora oggi e ha perfino resistito ad un colpo di stato nel 1978, quando un avvocato tedesco assoldò dei mercenari per assaltare la piattaforma mentre Bates e la moglie erano in vacanza.
Un ultimo esempio è costituito dalla Dixon Entrance, una porzione di Oceano Pacifico all’altezza del confine fra Alaska e Canada, stavolta non in acque internazionali e quindi vera e propria terra nullius. In questo caso, le uniche dispute di rilievo riguardano i pescatori della zona.

E se anch’io volessi…?
La risposta breve è no. Se, dopo aver letto quest’articolo, stai pensando di prendere il Bir Tawil per te, spodestare il principe Milomir I o costruire un’isola artificiale nella Dixon Entrance, ciò è altamente sconsigliabile perché non sei un soggetto internazionalmente riconosciuto.
In generale, si può dire che un’istanza di sovranità sia legittima quando riconosciuta da almeno una parte della comunità internazionale. È probabile che tu, lettore o lettrice, non sia protagonista di sufficienti relazioni diplomatiche con i vari Stati per poter raggiungere questo obiettivo.
Tutte le micronazioni si sono fermate a questo punto e nessuna di esse è riconosciuta come Stato sovrano, e l’unico motivo per cui sopravvivono è che nessun gigante si sia ancora mosso per schiacciarle. Vivono, per così dire, nelle pieghe del disinteresse degli Stati sovrani, ma nessuna norma del diritto internazionale le difende in quanto non sono considerate veri soggetti. Se, ad esempio, la Croazia decidesse di tornare sui suoi passi e riappropriarsi di Liberland, il diritto – quello croato e quello internazionale – vedrebbe solo un cittadino ceco che occupa illegalmente un terreno non suo. Al massimo vi potrebbe riconoscere un pericoloso ribelle separatista da trattare come tale, ma certamente non un Capo di Stato estero da trattare col dovuto riguardo.
Il nostro consiglio, se ci tieni comunque a stabilire un governo de facto da qualche parte, è quello di trovarti un alleato molto potente che possa riconoscerti ed aiutarti a difenderti! Come la Russia.
[…] che un’ambiguità presente nell’Oregon Treaty (1846) non ne definiva chiaramente la sovranità. In sostanza, sia britannici che americani rivendicavano San Juan quale legittimo territorio, tanto […]
Mi farebbe piacere che esprimessi la tua opinione, magari integrando questo articolo, con la questione di Antarticland di Caporaso
http://www.antarcticlandgovernment.info/secure/index.php/integrita-ecosistema-protezione-flora-e-fauna
Ciao Diego, grazie per l’interesse. Antarcticland rientra nella stessa fattispecie di Sealand: come riportiamo nell’articolo, i Trattati internazionali escludono la rivendicazione di certi territori come l’Antartide, le acque internazionali e i corpi celesti. In sostanza, Antarcticland non può essere riconosciuta da nessuno proprio per questo motivo, a prescindere dal fatto di essere un soggetto internazionalmente “valido” o meno, ossia dal fatto di intrattenere relazioni con gli Stati sovrani. Non ne abbiamo scritto perché un solo esempio (Sealand, il più famoso) ci sembrava sufficiente, ma ti ringrazio per aver infoltito l’articolo parlandone qui nei commenti. In caso non lo conoscessi, ti… Leggi il resto »
Salve, vorrei sapere se in italia vi sono attualmente delle terrae nullius?
Ciao Simone, dalla domanda deduco che ti senti avventuroso! Purtroppo, in Italia non esistono attualmente terrae nullius: l’esempio di Cospaia, nell’articolo, è relativo a tempi in cui il nostro territorio era diviso tra più Stati, e potevano verificarsi “vuoti” burocratici o politici di questo tipo. Nemmeno con i nostri Paesi confinanti abbiamo dispute aperte di questo genere, che possano lasciare spazio a incertezze territoriali. (A pensarci bene è un fatto positivo, vista la mutabilità dei confini italiani nei secoli) L’ipotesi più “probabile” perché si venga a scoprire una terra nullius in Italia sta forse nella possibilità di discrepanze tra mappe… Leggi il resto »
Ciao Valerio sono Riccardo, qual’è la tua opinione in merito alla non validità del trattato di Osimo, essendo un accordo mancante dei paesi firmatari del trattato di Pace che creò di fatto il Territorio Libero di Trieste, attualmente esistente per gli intrighi internazionali e occultato alla faccia dei cittadini che vi risiedono?
Articolo molto interessante, che “sviscera” dei curiosi dettagli relativi ad “aree di indeterminatezza” o di attuale “oblio” politico/amministrativo tra nazioni confinanti o micro-ambiti dove l’estemporanea iniziativa individuale rivendicherebbe una singolare “sovranità”. Approfitto per domandare all’autore dell’articolo/approfondimento, se conosce se lungo il confine italiano ci siano delle fasce molto ristrette (faccio un esempio, in corrispondenza del valico del Brennero, dei valichi di Ventimiglia, Chiasso o nella stessa città di Gorizia) dove le due nazioni confinanti – di fatto – non hanno rispettive sovranità su estensioni di terreno/fabbricati (seppur molto limitate). Domando per mera curiosità, non avendo – ovviamente – alcuna mira… Leggi il resto »
Nessuna mira espansionistica, Alessandro? Siamo sicuri? 🙂 Comunque: non che io sappia. Posso dirti che quei confini sono ben definiti per motivi storici, sia con l’Austria sia con la Slovenia. Come saprai, la storia dei confini italiani non è particolarmente allegra, specialmente in tempi più recenti sul versante ex jugoslavo. Così su due piedi, trovo difficile che i trattati abbiano potuto lasciare spazio a fraintendimenti che a loro volta avrebbero potuto rappresentare un conflitto. Credo che sia tutto regolamentato, comprese eventuali zone “buffer” rappresentate da barriere naturali e in particolare montuose. Se, per esempio, ti ritrovi a fare una passeggiata… Leggi il resto »