Strategie di Pace – Simone Weil

Ritorniamo ancora una volta sul pensiero di Simone Weil. Il filo conduttore che ha guidato questa serie di riflessioni sul pensiero della filosofa francese sono state la pace e la guerra. Simone, ricordiamolo, ha avuto una breve ma intensa vita, affrontando sia il ruolo di filosofa e pensatrice come anche quello di operaia, attivista e soldato. Nata a Parigi nel 1909 e morta nel 1943 ha vissuto in un periodo denso di sconvolgimenti politici e le sue riflessioni hanno più volte toccato l’argomento della guerra, evidenziando un travaglio interiore nato dall’incessante interrogarsi sulla condizione di sofferenza tutta umana che scaturisce dalla guerra.

Il conflitto è appunto una espressione totalmente umana. La sofferenza che ne deriva non è imputabile a nessuna sciagura o disastro fuori dal controllo umano. A maggior ragione, considerata nello scenario politico, appare come il più grave fallimento dell’umano agire su questo pianeta. Gli anni ’30 in Europa sono stati traboccanti di riflessioni, l’attenzione e l’orrore che la prima guerra aveva suscitato erano febbrilmente vivi nelle menti della popolazione. In questo contesto, una pensatrice come Simone, dedicava la sua vita sia a “toccare con mano” , in prima persona, la sofferenza, sia però a sbrogliare i nodi teorici che le sembravano responsabili di tali catastrofi.

SICUREZZA NAZIONALE E INSURREZIONE – Simone, fra gli anni ’38-’39, affronta la questione della sicurezza nazionale, considerandola come la radice su cui sorgono i conflitti. Due ci sembrano essere le considerazioni teoriche più interessanti. La prima, di cui Simone scrive nel saggio Riflessioni sulla conferenza di Bouché, riguarda l’insurrezione.

simone weil pace
Un prete tra gli ostaggi tedeschi in Polonia (1939).

Simone scrive: “Questa nuova formulazione del problema della sicurezza implicherebbe una completa trasformazione del metodo militare, che dovrebbe di conseguenza, dal punto di vista pratico, costituire una sorta di compromesso tra la tecnica della guerra e quella dell’insurrezione. Bouché sostiene, come sistema di difesa passiva contro gli aerei, il decentramento; mi sembra che si potrebbe ampliare questa idea, estenderla a tutta la concezione di difesa del territorio.”

Qui Simone ha già accettato che la sola resistenza interna alla guerra, cioè la posizione pacifista, abbia dei limiti. Si appella a dei compromessi, perché l’obiettivo è, se non evitare la guerra, evitare l’arruolamento dei soldati che vengono spediti verso la tragedia, ed evitare che la guerra diventi un meccanismo tale per cui “chi fa la guerra” è di fatto colui che non ne muore, ma al contrario, coloro che non scelgono la guerra, sono invece mandati a morire. Il decentramento diventa si una “questione pratica”, ma anche una ingegnosa forma di distribuzione delle sofferenze.

Scrive: “Decentramento della vita politica, economica e sociale in Francia, dispersione degli agglomerati, unificazione della vita urbana e di quella rurale, ma anche decentramento di una eventuale resistenza armata.

Posto ciò, per Simone rimane comunque da evitare il conflitto. Piuttosto, seguendo sempre lo stesso obiettivo, considera di valutare positivamente lo sviluppo tecnologico, che invece di rendere più gravoso un conflitto, potrebbe renderlo meno dannoso. Scrive: “Presupposto un decentramento, mi sembra che la tecnologia moderna renda possibile, soprattutto per la rapidità delle comunicazioni, una certa forma di resistenza che avrebbe a che fare più con la guerriglia che con la guerra. Non costituire fronti, non assediare città; logorare il nemico, intralciare le sue comunicazioni, demoralizzarlo e stimolare la resistenza con una serie di azioni minime, ma vittoriose.”

Simone Weil (1936).
Simone Weil (1936).

RAPPORTI DI FORZA – La seconda considerazione riguarda il circolo vizioso insito nella nozione stessa di equilibrio europeo. Simone, nella Lettera a Bergery, raggiunge rapidamente a evidenziare un aspetto contraddittorio su cui si fonda il conflitto. Gli Stati, sono anche qui considerati nella loro interezza, con i loro bisogni e le loro passioni come se fossero degli individui. Ed in effetti è in questo collegamento dell’interesse nazionale con l’interesse individuale che riconosciamo il pregio di queste analisi. Così, come per un rapporto fra due individui, valgono le stesse dinamiche anche nel rapporto fra due stati, che Simone in questo saggio vede come la Francia e la Germania. Basandoci sul rapporto di forza fra questi, per quanto in equilibrio, non si otterrà mai la pace.

Scrive Simone: “Se uno dei due popoli può, senza sacrificare la sua sicurezza, permettere l’egemonia dell’altro in Europa, non c’è altro mezzo sicuro di impedirglielo che esercitare esso stesso una certa egemonia, cosa che obbliga l’altro a sforzarsi di sottrargliela, e così via. C’è una contraddizione interna nell’idea di sicurezza; infatti, sul piano della forza, non c’è altra sicurezza che quella d’esser un po’ più forte del popolo che si ha di fronte, il quale ne è allora privato; così subordinare l’organizzazione della pace a una sicurezza generale, significa dichiarare impossibile la pace.”

C’è un livello nei compromessi sotto il quale la filosofa non scende presumibilmente mai e risuona come un monito a tenere presente quale sia l’attenzione e il valore che stiamo dando alla vita. Il suo cedere al compromesso di mettere in atto delle strategie, una volta stabilito che la guerra non è evitabile, pur di non accettare passivamente la morte di alcuno, ci fa fare questa considerazione: la filosofia di Simone Weil è una filosofia della vita. E’ il disperato tentativo di strappare alla guerra il terreno guadagnato, grazie ad una fine disposizione di argomenti teorici, un’altra della attività umane per eccellenza: il pensiero.

Giorgio Avitabilehttps://totalmentealtro.wordpress.com/
Sono romano di nascita ma portoghese d'adozione. Ho studiato Scienze Politiche e Filosofia. I miei campi di interesse sono l'Antropologia Filosofica e Culturale, la Filosofia Politica e la Filosofia Morale. Sono interessato particolarmente al pensiero di Aristotele, Spinoza, Simone Weil e Hannah Arendt. Sono fondatore di Bunte Kuh.

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