La materia che ci circonda è composta da elettroni, protoni e neutroni. Questi si legano per formare atomi e molecole, e sono spesso pensati come i blocchi elementari. Un elettrone è una particella elementare puntiforme: un’entità fondamentale che non è composta da sotto-particelle e priva di estensione spaziale rilevabile (almeno fino agli ultimi esperimenti!). In realtà, si è scoperto che protoni e neutroni abbiano un’estensione spaziale, di circa un milionesimo di miliardesimo di metro, e siano in realtà agglomerati di particelle elementari, dette quark.
La scoperta dei quark e delle leggi che ne regolano l’esistenza è una delle più grandi storie di fisica moderna, in cui brillanti argomentazioni matematiche e teoriche si sono intrecciate con esperimenti fenomenali.
Zoo di particelle
Nel secondo dopoguerra le particelle allora ritenute “elementari” e conosciute erano l’elettrone, il protone, il neutrone, il muone, il neutrino e le rispettive anti-particelle. In quegli anni si iniziarono a studiare i raggi cosmici, particelle che ci bombardano dallo spazio costantemente, e si iniziò a scoprire nella loro composizione un gran numero di nuove particelle. Queste ultime avevano la caratteristica di interagire con i protoni e i neutroni in maniera molto più forte di quanto facessero gli elettroni. Si capì che l’interazione fosse dovuta a un determinato tipo di forza, detta forza forte. Tale forza doveva essere la stessa che teneva i protoni e i neutroni legati all’interno di un nucleo dell’atomo.
La forza forte è, appunto, molto più forte di quella elettromagnetica, ovvero tra elettrone e protone. Basti pensare che riesce a tenere insieme due protoni in un nucleo atomico, nonostante questi abbiano stessa carica elettrica. Tuttavia, a differenza della forza elettromagnetica, agisce solamente a cortissimo raggio, motivo per cui e’ assente nella vita quotidiana.

Si scoprirono tre particelle dette pioni, uno con carica elettrica positiva, uno con carica negativa e uno elettricamente neutro; quattro particelle dette kaoni; e molte altre. Tutte con la caratteristica di interagire fortemente. Per questo vennero chiamate adroni, dal greco hadros (“grosso”, “massivo”), su proposta di Lev Okun. In pochi anni, da che si conoscevano cinque particelle elementari, se ne scoprirono decine. Questo portò i fisici dell’epoca a parlare di “zoo di particelle”, che non erano più poche ma dovevano essere catalogate come delle specie animali.
La stranezza e i quark
LCon l’eccezione dei protoni, tutti gli adroni sono instabili, cioè decadono radioattivamente in altre particelle leggere dopo pochissimi istanti. Da subito si notò che alcune particelle impiegassero un tempo miliardi di volte più lungo di altre per decadere. Per spiegare ciò si suppose che alcuni adroni portassero una nuova specie di “carica”, come quella elettrica, detta stranezza. Ad esempio i kaoni avevano stranezza 1, mentre i pioni stranezza 0. La teoria era che la stranezza fosse sempre conservata nelle interazioni forti (cioè non si può creare né distruggere) mentre durante i decadimenti potesse scomparire o essere creata una unità di stranezza – ma che ciò richiedesse più tempo.
Si catalogarono così tutti gli adroni in base alla stranezza. Fu a quel punto, quando si conoscevano già decine di adroni, che Murray Gell-Mann propose che tutta tale varietà si potesse spiegare supponendo che gli adroni fossero particelle composte in vario modo da tre diversi quark, ai quali diede i nomi di up, down e strange. Come le molecole sono composte da elettroni, protoni e neutroni, gli adroni sono composti da quark. Le particelle “strane” erano dunque quelle che avevano all’interno uno o più quark strange. Il quark strange, il più massivo dei tre, impiegava più tempo per decadere rispetto alle altre due. Con questa idea, Gell-Mann predisse l’esistenza dell’adrone Omega-, che sarebbe dovuto essere composto da tre quark strange. La scoperta di questa particella gli valse il premio Nobel nel 1969.
Dove sono i quark?
Benché la predizione di Gell-Mann fosse corretta, rimaneva un problema. Nessuno aveva ancora mai visto uno dei quark da soli. Ci si chiedeva se questi quark fossero una qualche astrazione matematica oppure se veramente esistessero. Nel 1968, si svolse un esperimento allo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC) sparando elettroni di altissima energia contro i protoni.
Gli elettroni ultra-energetici furono in grado di penetrare la struttura del protone e andare ad interagire con i singoli quark all’interno, si scopri’ quindi che il protone non era una particella elementare ma aveva una struttura interna, che venne identificata come una configurazione di quark.

Oggi sappiamo che un protone è composto da due quark up e un quark down, mentre un neutrone da due quark down ed uno up. L’esperimento di SLAC permise anche di determinare le cariche elettriche dei quark. Sorprendentemente, un quark up ha i 2/3 della carica elementare, mentre il quark down ha -1/3. Dunque la carica elementare non è realmente quella dell’elettrone, come si pensava e formalmente si usa dire ancora oggi, ma quella di un quark down! L’elettrone avrebbe tre volte la carica elettrica di un quark down. Un quark strange ha una carica -1/3 ed e’ semplicemente una versione più pesante del quark down.
Charm
Il modello a quark ebbe molto successo, ma rimanevano alcune questioni legate alla stranezza. In particolare si notò che particelle strane ed elettricamente neutre, ad esempio il Kaone-0, impiegavano molto più tempo a decadere radioattivamente delle altre. Per spiegare questa lentezza Sheldon Lee Glashow, John Iliopoulos e Luciano Maiani supposero l’esistenza di un quarto quark, detto charm, che doveva essere una versione più pesante del quark up, quindi con carica elettrica 2/3. L’effetto GIM, dalle iniziali dei tre autori, spiegava che le particelle neutre potessero trasformare momentaneamente uno strange in un up oppure uno charm, prima di decadere completamente. Tuttavia i due possibili processi facevano interferenza quantistica tra di loro e si annullavano, come nei punti bui di un’esperimento a doppie fenditure.
Nel 1974 il quark charm venne scoperto identificando l’adrone J/ψ, che era composto da un charm e un anti-charm, la sua antiparticella.
Top e bottom
Si notò che alcuni adroni decadevano violando la parità, cioè che si comportavano diversamente se visti allo specchio o nella realtà. Inoltre, si notò che particelle ed anti-particelle non decadevano in maniera speculare. Nel 1973 Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, basandosi sul lavoro di Nicola Cabibbo, proposero l’esistenza di almeno altri due quark, detti top e bottom, che dovevano essere versioni ancora più pesanti degli altri. Il top quindi sarebbe una versione molto massiva dell’up e charm. Il bottom del down e strange. La loro idea si basò su diverse considerazioni di origine matematica.
Il bottom e il top furono scoperti in seguito da esperimenti di acceleratori al Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab), cosa che nel 2008 valse il Nobel a Kobayashi e Maskawa, ma non a Cabibbo. Una controversia che rimane aperta ancora oggi. Chiaramente, con tutti questi quark si può formare una grandissima varietà di adroni. Di nuovi, ne vengono ancora trovati tutt’oggi.
Pesiamo i nostri quark
Chiudiamo con una piccola curiosità. Nel 2012 venne scoperto al CERN il bosone di Higgs e si popolarizzò questa particella dicendo che fosse quella che dà massa a tutte le altre. Questo è sicuramente vero. Ma ad essere interessante è il fatto che la maggior parte della massa, del peso, dei nostri corpi e degli oggetti che ci circondano sia dovuta all’energia di legame, potenziale, tra i quark nei protoni e neutroni (dato che E=mc^2). La massa dei quark e degli elettroni stessi contribuisce solo una minima parte al totale. Quando vi mettete sulla bilancia, state pesando l’energia di legame tra i quark nei vostri nuclei!