Nell’immaginario comune, in orbita attorno alla Terra non vi è forza di gravità: questo è il motivo per cui gli astronauti fluttuano. Vedremo che ciò è falso, ma solo nel nostro sistema di riferimento. È il celebre principio di equivalenza.
LA GRAVITÀ SI ESTENDE ALL’INFINITO – In orbita vi è eccome la gravità terrestre, che tiene appunto vincolati i nostri satelliti naturali. Se non vi fosse gravità, i satelliti partirebbero per la tangente, verso l’infinito. Potrebbe essere che la forza di gravità vi sia, ma che sia molto piccola. Convinciamoci che non sia così usando la teoria di Newton. Secondo la formula della gravitazione universale di Newton, la forza di gravità della Terra diminuisce con il quadrato della distanza dal centro di essa. Raddoppiando la distanza dal centro, la forza di gravità diventa quattro volte più debole. Sulla superficie terrestre, la distanza dal centro della Terra è di circa 6000 km. La Stazione Spaziale Internazionale, ad esempio, si trova a 400 km di altezza.
Rispetto a 6000 km, 400 km non sono moltissimi. A quelle altezze la forza di gravità è circa il 90% di quella sulla superficie. Scartiamo dunque l’ipotesi che sia l’assenza di gravità a lasciar fluttuare allegramente gli astronauti. Inoltre, pensiamo agli astronauti che camminano sulla luna. Camminano, non fluttuano, su un corpo celeste con una forza di gravità circa il 16% di quella terrestre. Dov’è l’inganno?
L’ORBITA È CADERE CON STILE – A differenza della stazione spaziale, chi cammina sulla Luna o sulla Terra non è in orbita. Un oggetto che orbita è in realtà in caduta libera, proprio come un sasso lanciato dalla torre di Pisa (cosa che Galileo non fece veramente). Immaginate di lanciare un sasso in modo da farlo ricadere il più lontano possibile. Se imprimete al sasso una velocità iniziale più elevata, esso cadrà più lontano. Supponete che la velocità iniziale sia tale che, per quando il sasso comincia a scendere di quota, la Terra abbia cominciato a curvare. Il sasso ricade verso la terra, seguendo una consueta traiettoria curva, ma non riesce mai a raggiungere la Terra, che curva alla stessa maniera. Il sasso è in orbita.
Un astronauta e la sua stazione spaziale si trovano entrambi in orbita. Entrambi sono soggetti solamente alla forza di gravità. Entrambi sono in caduta libera. Aggiungiamo il fatto che tutti i corpi, a prescindere da massa e composizione, cadono con la stessa accelerazione. La traiettoria dell’astronauta e della stazione spaziale è quindi la stessa. Non cambia la posizione o velocità dell’astronauta relativa alla stazione spaziale. Per questo sembra fluttuare nell’astronave.
Lo stesso effetto è raggiunto portando un aereo ad alta quota e lasciandolo andare in picchiata, in caduta libera. Chi è fermo sulla terra sarà d’accordo che i passeggeri stiano cadendo. I passeggeri hanno l’impressione di fluttuare, come se fossero nello spazio vuoto lontanissimi da corpi massivi quali la Terra. Se non sapessero di essere su un aereo, non avessero né radio né finestre, potrebbero sapere mai se sono su un aereo in caduta o nello spazio profondo (lontanissimi dalla Terra)?
DALLA TORRE DI PISA ALLA LUNA – È un fatto sperimentale che ogni corpo cada con la stessa accelerazione di gravità. Oggi questo fatto è elevato a principio: è una delle regole base della natura. La traiettoria seguita da un corpo in prossimità di uno ben più massivo è indipendente dalla sua massa e composizione. Molto suggestivamente, David Scott, astronauta dell’Apollo 15, verificò questa affermazione sulla superficie lunare, come si vede in questo video.
Il Principio di Equivalenza implica che non sia mai possibile distinguere, in maniera universale, tra una situazione di caduta libera ed una di assenza di gravità. Così si capisce la frase iniziale di questo post: nel sistema di riferimento della stazione spaziale si può dire che non vi sia gravità. Per noi terrestri la gravità c’è e loro sono in caduta libera. I due punti di vista sono equivalenti.
DALLA LUNA ALL’UNIVERSO – Il principio di equivalenza è fondamentale per la formulazione della relatività generale di Albert Einstein. Nella sua teoria, i corpi si muovono in maniera rettilinea ed uniforme, su uno spazio-tempo che è tuttavia curvo. A noi esseri tridimensionali, non in grado di percepire la curvatura, sembra che il moto sia curvo (come le orbite dei pianeti). Questo moto dipende solo dalle proprietà dello spazio-tempo e non dal corpo stesso.
Vogliamo dare un esempio semplice per capire qualitativamente questo fatto. La Terra è una sfera e la sua superficie è uno spazio curvo. Tuttavia siamo abituati a vedere la superficie del globo su cartine piatte. Non c’è nulla di male, ma così facendo deformiamo i continenti. Supponete di volare tra due punti della Terra, ad esempio tra Roma e Los Angeles, e di dover scegliere la rotta. Vorrete seguire quella più corta! Non è conveniente partire dritti verso ovest, ma conviene passare un poco più a nord dove la Terra è più stretta. Questa traiettoria, rappresentata su una cartina piatta, appare curva. La traiettoria scelta può dipendere dal tipo di aereo o dal numero di passeggeri?
Dal punto di vista logico, possiamo prendere le equazioni di Einstein della relatività generale come un principio della natura. Così, il principio di equivalenza ne diventa una conseguenza logica. Quale delle due nozioni si usi come principio è una questione di gusti. Scegliere il principio di equivalenza ha il vantaggio di essere evidente e facilmente verificabile. In ogni caso, la curvatura dello spazio-tempo ed il principio di equivalenza sono strettamente legati. Capire il principio di equivalenza è il primo passo verso una profonda conoscenza della natura.