Il computer quantistico di IBM ha davvero “viaggiato nel tempo”?

Negli ultimi giorni, una notizia piuttosto tecnica è riuscita a diffondersi ben oltre la nicchia degli addetti ai lavori, varcando la soglia dei media generalisti e catturando la fantasia di molti lettori. I titoli di giornale più altisonanti hanno interpretato la notizia come il tentativo, riuscito, di far viaggiare qualcosa indietro nel tempo per mezzo di un computer quantistico. Cosa prova davvero lo studio comparso questa settimana su Scientific Reports ad opera del team di ricercatori dell’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca?

La freccia del tempo

Una proprietà fondamentale della fisica sembra cozzare irrimediabilmente con il nostro modo di intuire il mondo. Le leggi della fisica, infatti, sono del tutto indifferenti alla direzione del tempo. Se si filmasse il moto degli atomi e poi si mostrasse a qualcuno sia il video originale che una sua versione con il tempo ribaltato, costui non avrebbe nessun modo di determinare l’originale dal falso. Nelle leggi fondamentali della fisica non esiste differenza alcuna tra passato e futuro.

Eppure il nostro mondo macroscopico è popolato di eventi che hanno una chiara direzione privilegiata nel tempo. Di certo non ci aspettiamo che un bicchiere che cada e si rompa, poi spontaneamente possa ricomporsi e tornarci in mano, oppure che della legna arsa possa in qualche modo invertire la combustione e tornare come nuova. Queste osservazioni portarono alla nascita della fisica statistica. Infatti i fisici mostrarono che tutti i sistemi tendono ad aumentare il loro stato di disordine proprio per motivi statistici. Per esempio un mazzo di carte nuove è nell’ordine corretto, ma, se mischiato, tenderà a disordinarsi sempre di più.

Certamente, mischiando casualmente il mazzo non è impossibile avere molta fortuna e ricostituire l’ordine originale, ma sarà anche fortemente improbabile. Un discorso molto simile vale per tutto il resto del mondo fisico: il bicchiere che si rompe e la legna che arde sono sistemi che aumentano il loro stato di disordine e la probabilità di tornare indietro è praticamente nulla. Questa idea intuitiva viene formalizzata nella seconda legge della termodinamica: ogni sistema fisico si evolve senza mai diminuire la propria quantità di disordine, detta entropia.

Funzione d’onda di una particella nel vuoto (Universität Siegen)

La funzione d’onda

Un tassello fondamentale per comprendere il sorprendente risultato del team russo è il concetto di funzione d’onda in meccanica quantistica. Infatti in fisica moderna la particella non è più considerata un punto materiale, ma come un’onda di probabilità. Le stupefacenti leggi della meccanica quantistica non permettono di conoscere con assoluta precisione la posizione di una particella. Questa sarà quindi descritta da una distribuzione di probabilità, che si muove nel tempo come un’onda e che ci informa della probabilità di trovare la particella in ogni punto dello spazio a cui guardiamo.

Le leggi della meccanica quantistica fanno sì che la funzione d’onda di una particella nel vuoto si sparpagli sempre di più, spalmandosi via via su una regione sempre più grande. Intuitivamente questo processo può essere inteso come il crescere dell’incertezza sulla posizione della particella. In parole più semplici: se prepariamo una particella in un certo punto, più passa il tempo e più cresce la probabilità di rilevare quella particella anche molto lontano dal punto di partenza. Questa dinamica è intimamente legata proprio al citato aumento di disordine a cui assistiamo nei sistemi macroscopici.

Tuttavia anche le leggi della meccanica quantistica sono reversibili rispetto alla direzione del tempo e quindi, in linea di principio, non è impossibile che la funzione d’onda di una particella possa contrarsi e ritornare localizzata nella più piccola regione di partenza. Ciò non è mai stato osservato in natura ma, come spiegato dallo studio in questione, potrebbe avvenire in seguito a una fluttuazione casuale di un campo elettromagnetico.

Rappresentazione di bit e qubit

Il computer quantistico

Il gruppo di ricercatori di Mosca è riuscito a simulare un caso molto simile a quello della particella che si rilocalizza sfruttando il computer quantistico di IBM. Ma cos’è un computer quantistico? L’unità fondamentale di informazione utilizzata dai computer classici è il bit, che può avere solo due valori differenti: 0 o 1. Nei computer viene implementato per mezzo di un vero e proprio interruttore, che può essere acceso o spento, e tutte le informazioni immagazzinate sono rappresentate da una lunghissima serie di bit (un kilobyte ammonta a 8000 bit).

Il computer quantistico è un calcolatore in grado di sfruttare le bizzarre proprietà della meccanica quantistica per svolgere computazioni a una velocità tale da far impallidire le tecnologie attuali. L’unità fondamentale di informazione di un computer quantistico è il qubit, una versione quantistica del bit. Un qubit è sostanzialmente un microscopico “gatto di Schrödinger”. Proprio come il famigerato gatto è contemporaneamente sia vivo che morto finché non si apre la scatola nella quale è rinchiuso, il qubit è sia 0 che 1 finché non lo si misura. Infatti diciamo che il qubit si trova in una sovrapposizione degli stati 0 e 1, con una certa distribuzione di probabilità sui due valori (per esempio 50% e 50%, oppure 70% e 30%, eccetera…). Una volta misurato, il qubit “collasserà” su uno dei due valori 0 o 1 con una probabilità data proprio da questa distribuzione.

simulazione tempo mosca
Le 4 fasi della simulazione: si parte con un sistema ordinato, lo si lascia degradare e poi si applica la procedura che ne “inverte la freccia del tempo” per tornare infine allo stato di partenza. In alto viene presentata l’analogia macroscopica delle palle del biliardo, che tornano al loro ordine di partenza. Al centro abbiamo il caso dell’elettrone che, dopo essersi “spalmato”, ritorna localizzato. In basso abbiamo la simulazione in cui un sistema di 3 qubit viene lasciato libero di “disordinarsi”, per poi tornare allo stato precedente grazie all’algoritmo dei ricercatori. (tsarcyanide/Mipt Press Office)

La simulazione

Il gruppo di ricercatori dell’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca ha condotto una simulazione sul computer quantistico IBM che semplifica il caso della particella che ritorna localizzata, di cui abbiamo parlato prima. Il team russo è stato in grado di prendere il sistema fisico composto da una coppia di qubit, di lasciarlo degradare e poi di diminuirne nuovamente la quantità di disordine (ovvero l’entropia).

Il tutto è avvenuto attraverso il solo scambio di informazione tra il suddetto sistema e il suo esterno, regolato da un programma da loro elaborato. Successivamente hanno ripetuto la simulazione con una tripletta di qubit. Nel primo caso hanno ottenuto un tasso di successo dell’85% dei casi, mentre per quanto riguarda le triplette del 50%. È importante sottolineare che tra il sistema di qubit e l’esterno non è avvenuto scambio di energia, ma solo di informazione a livello quantistico. Un po’ come riordinare la propria stanza a distanza, senza dovervi nemmeno entrare.

Siccome la direzione del tempo è data dal fatto che spontamentaneamente un sistema fisico tenda ad aumentare il proprio disordine, i ricercatori di Mosca hanno effettivamente creato artificialmente un sistema fisico la cui freccia del tempo viene invertita. In altre parole hanno costruito all’interno del computer quantistico un sottosistema fisico che si evolve diminuendo la propria quantità di disordine (l’entropia), invece di aumentarla. Tuttavia, al contrario di come lasciano intendere i media, lo studio non ha chiaramente riguardato in nessun modo la natura più intima del tempo, né tantomeno il viaggio indietro nel tempo. Al contrario, si tratta di risultati molto promettenti nel mondo dell’informatica quantistica che promettono di aprire strade per applicazioni tecniche innovative.

Luigi Alfonsihttp://researchgate.net/profile/Luigi_Alfonsi
Sono dottorando al Centre for Research in String Theory della Queen Mary University of London e laureato in fisica teorica all'Imperial College London. La mia ricerca riguarda le strutture geometriche che sottendono le dualità della Teoria delle Stringhe.

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