Sono tutti uguali di fronte all’età? Non se si ha abbastanza soldi da spendere, promette Ambrosia. La società californiana ha di recente avviato un trial clinico, al quale è possibile partecipare per la somma di 8000 dollari, che consiste nella trasfusione di plasma “giovane” allo scopo di fermare l’invecchiamento cellulare.
AMBROSIA E IL SUO TRIAL – Jesse Karmazin, laureato in Medicina a Stanford ma non abilitato alla professione, ha fondato nel 2016 la Ambrosia LLC per promuovere l’omonimo studio. Il metodo consisterebbe nella trasfusione di plasma di individui giovani – fra i 16 ed i 25 anni – in pazienti più avanti con l’età, allo scopo di migliorare il funzionamento cellulare e, in una parola, ringiovanirli. Il plasma corrisponde al 55% del volume sanguigno umano, ed è la componente liquida che mantiene in sospensione le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). È composto principalmente di acqua (92%), proteine (8%) e sali minerali.
Nelle speranze di Karmazin e soci, sarebbero proprio le proteine contenute nel plasma a giocare un ruolo chiave: la qualità delle funzioni cellulari e della produzione di proteine, infatti, degrada con l’età ed è uno dei fattori che conducono all’invecchiamento. Gli studi di Karmazin suggeriscono che trasfusioni del genere possano riportare il funzionamento cellulare ai livelli ottimali della giovinezza, e addirittura stimolare la produzione autonoma di proteine “giovani”. In sostanza, far regredire l’invecchiamento.
Assieme al medico David Wright, proprietario di una clinica di terapia endovenosa a Monterey (California), Karmazin ha annunciato di recente l’apertura dei test a 600 volontari. Chiunque sia in buona salute e abbia almeno 35 anni può partecipare allo studio, dietro il lauto pagamento di 8000 dollari americani. Si vedrà somministrare un litro e mezzo di plasma “originario” di giovani dai 16 ai 25 anni, reperito presso le banche del sangue americane e la cui genuinità è verificata dalla Food and Drug Administration.
I test sono volti a rilevare lo stato di 120 biomarcatori, sostanze particolari le cui caratteristiche vengono misurate per osservare se ci sia effettivamente un miglioramento della funzionalità cellulare.
GLI STUDI ALL’ORIGINE – Karmazin prende l’idea per Ambrosia da una serie di ricerche compiute negli anni ’50 su cavie e topi, in particolare quelle relative alla parabiosi. Si tratta dell’unione dei sistemi circolatori di due animali, in modo che il sangue del più giovane fluisca anche nel corpo del più anziano. L’esperimento servirebbe ad osservare la possibile influenza positiva su muscoli e cervello di quest’ultimo, nell’ottica della ricerca di una cura per malattie degenerative come l’Alzheimer.
Questi primi esperimenti, effettuati da Clive McCay alla Cornell University, mostrarono in effetti un miglioramento dei tessuti nelle cavie anziane, ma fu chiaro solo cinquant’anni più tardi che ciò avveniva grazie alla “riattivazione” delle cellule staminali, che con l’età non scompaiono ma tendono a non ricevere più i “segnali giusti” per la rigenerazione corretta dei tessuti. Nel 2005 Thomas Rando della Stanford University ripeté l’esperimento di McCay, ottenendo risultati simili: unendo i sistemi circolatori, il topo più anziano rigenerava i propri tessuti in modo migliore e più celere. Allo stesso tempo, il topo più giovane ne risultava indebolito e risentiva dell’opposto di tali benefici.
Questa, e una serie di ricerche simili, mostrano che proteine come la GDF11 siano probabilmente responsabili del “risveglio” delle cellule staminali, col risultato di un miglioramento effettivo nei meccanismi citati. Sempre a Stanford, nel 2014, Tony Wyss-Coray dimostra una crescita neuronale nei topi sui quali ha sperimentato. Apre così l’azienda Alkahest per effettuare trial consistenti in trasfusioni di sangue giovane. La differenza con la successiva idea di Karmazin è che lo scopo di Alkahest sia contribuire alla ricerca contro il morbo di Alzheimer e, soprattutto, condurre i trial con metodi più scientifici che commerciali, tanto che la partecipazione è gratuita e dal campione più ristretto.
ENTUSIASMO, MA SOPRATTUTTO SCETTICISMO – L’Ambrosia di Karmazin, invece, punta tutto sul profitto che si può trarre dall’umana paura della morte. Tanto che un notevole endorsement al suo progetto è arrivato proprio dal fund di proprietà di Peter Thiel, il miliardario fondatore di Paypal. Di recente, Thiel sta dedicando parte del suo capitale a startup biomediche che studiano metodi di longevità. Quella che da parte sua sembra essere una piccola ossessione nei confronti della morte è ormai cosa nota: d’altra parte, si tratta di un problema che finora i soldi non riescono a risolvere.
Viceversa, la comunità scientifica sembra essere perlopiù scettica sull’idea di Karmazin. In primo luogo lo stesso Wyss-Coray ha espresso preoccupazione sulla natura commerciale del progetto, affermando che la gente è attratta dalle “storie di vampiri” e dall’idea di poter sembrare più giovani. Facendo riferimento anche alla vicenda di Elizabeth Báthory, la contessa ungherese che si dice facesse il bagno nel sangue per garantirsi bellezza e lunga vita, Wyss-Coray sembra sottintendere che si tratti di una trovata commerciale basata sulle paure innate dell’uomo.
Al netto degli ovvi problemi di carattere etico, poi, nuovi studi mostrano che la proteina GDF11 non sia necessariamente coinvolta nei risultati che Karmazin spera di replicare sull’uomo, e che una sua moltiplicazione nell’organismo possa addirittura causare danni alla generazione del tessuto scheletrico. Altri ricercatori credono che l’effetto positivo non sia dato dalla pseudo-terapia in sé, ma semplicemente dal fatto che il sangue del soggetto anziano venga diluito tramite il processo in questione. Molti membri della comunità scientifica, in sostanza, ritengono che il trial di Karmazin sia pensato in modo così approssimativo che, anche qualora ci fossero dei benefici, sarebbe impossibile definire le trasfusioni di plasma come causa certa del miglioramento. Per non parlare, ovviamente, del possibile effetto placebo.
C’è infine chi ricorda il rischio insito nel sottoporsi a trasfusioni non necessarie: oltre al pericolo di infezione comunemente temuto, gli effetti collaterali possono variare dall’orticaria al danneggiamento dei polmoni.
In definitiva, il progetto Ambrosia sembra essere più una formula commerciale di ampia risonanza (poiché punta a vendere il prodotto più ambito di tutti!) che una ricerca scientifica vera e propria, basata su criteri attendibili. Si può affermare con quasi assoluta certezza che il sogno dell’uomo di superare la propria natura mortale sia, ancora una volta, rimandato.