Lo scorso 20 gennaio, Donald J. Trump si è ufficialmente insediato quale Presidente degli Stati Uniti d’America. Una volta adagiatosi sulla poltrona dello Studio Ovale, era opinione comune che il tycoon avrebbe moderato i toni, stabilizzandosi su un’inconsueta ma non estrema politica di protezionismo. Almeno questo è quello che pareva trasparire dal discorso post-elettorale di novembre; ma, dopo sei giorni di presidenza Trump, le cose sembrano diverse.
UN PRIMO COLPO, SOTTO IL RADAR – Una delle prime azioni notate dai media è stata la rimozione di diverse pagine dal sito web della Casa Bianca, in un’ottica che sa molto di damnatio memoriae. Oltre alla totale scomparsa del sito in lingua spagnola, gli argomenti colpiti sono i diritti civili, la comunità LGBTQI e il riscaldamento globale. Quest’ultimo, da ieri, è stato eliminato anche dal sito dell’EPA (Environmental Protection Agency), e la stessa cosa è avvenuta nel caso di alcuni tweet pubblicati dall’account del Badlands National Park. Inoltre, pare che il sito della Casa Bianca abbia virato dall’aspetto strettamente istituzionale a quello che è invece l’argomento preferito di Trump: se stesso. Vedere per credere.
VIA LIBERA ALLE PIPELINE – Altro argomento di rilievo rispetto al tema ambientale, ma non solo, è la luce verde di Trump agli oleodotti Keystone XL e Dakota Access Pipeline attraverso la rapida emanazione di executive order presidenziali. Keystone è un oleodotto la cui progettazione e costruzione è stata divisa in più percorsi – di cui la quarta ed ultima estensione è appunto l’XL – ed il cui tratto più lungo va dalla regione canadese dell’Alberta a Houston, in Texas, percorrendo tutto il Midwest statunitense. Il progetto di estensione lungo altri tre Stati, che aveva provocato corpose proteste da parte degli ambientalisti, era stato bloccato nel 2015 direttamente da Obama.
Allo stesso modo, il più recente caso della Dakota Access Pipeline – estesa fra North Dakota ed Illinois – aveva suscitato sdegno sia sul piano ecologico che quello culturale e delle minoranze, dato che avrebbe distrutto o alterato pesantemente una serie di territori considerati sacri dalle popolazioni Sioux dell’area. Inoltre, le associazioni ambientaliste dichiaravano un enorme rischio di inquinamento della falda acquifera del fiume Missouri. Lo scorso novembre, in seguito alle azioni legali dei Sioux di Standing Rock, i genieri dell’Esercito (US Army Corps of Engineers) annunciavano la sospensione dei lavori e la necessità di trovare un percorso alternativo a quello che avrebbe attraversato il Lago Oahe.
NO ALLA TPP – La Trans-Pacific Partnership è una proposta di accordo commerciale fra gli Stati Uniti ed altri dodici Paesi affacciati sull’Oceano Pacifico, non dissimile nel concetto dalla TTIP fra Stati Uniti ed Unione Europea. Lo scopo della TPP è quello di ridurre le barriere doganali e favorire una maggior coordinazione e libertà delle attività commerciali all’interno dell’area del Pacifico; in più istituisce, allo stesso tempo, regole condivise sulla protezione ambientale e gli standard lavorativi nei Paesi firmatari. Va sottolineato come l’accordo nasca già indebolito dall’assenza di un giocatore importante dell’area, la Cina. Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dalla TPP, per ora ratificata solo dal Giappone, generando incertezza sul futuro stesso dell’accordo e sull’entità della futura presenza americana nel Pacifico. Questo è forse l’atto più prevedibile di questi primi sei giorni, dato che rientra nelle velleità protezioniste di Trump.
LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – Uno dei primi atti firmati da Trump è un order of repeal per Affordable Care Act, la riforma della sanità attuata con grande sforzo dal Presidente uscente Obama. Mentre non è ancora chiaro cosa aspettarsi da una possibile “Trumpcare”, a parte un incremento delle privatizzazioni in questo campo, i Repubblicani fanno eco alla decisione annunciando un voto al Senato entro due settimane per abrogare Obamacare.
Altra decisione controversa di Trump in campo sanitario è stata la messa al bando dei finanziamenti per le ONG che forniscono servizi di aborto. È una mossa neoconservatrice che – in tutta onestà – ci si sarebbe potuti aspettare da qualsiasi dei candidati repubblicani di questa tornata elettorale, e che è passibile di mettere a rischio la possibilità di trattamento per molte donne negli USA come in altri Paesi.
NON UNO, MA MOLTI ALTRI MATTONI NEL MURO – Anche le promesse fatte da Trump sull’immigrazione non tarderanno – pare – a produrre risultati concreti. The Donald ha già firmato l’ordine per la costruzione del muro “anti illegals” lungo i 3201 chilometri di confine col Messico, il cui Presidente Pena Nieto annuncia che il suo Paese non sborserà un centesimo per la costruzione. Trump ha inoltre disposto il rinforzo delle pattuglie di confine e l’aumento del numero degli agenti che conducono le deportazioni verso sud.
Sulla lista del neo-Presidente c’è poi l’intenzione di colpire le cosiddette sanctuary cities, più di 400 città americane – incluse New York, Los Angeles, Boston e Seattle – le cui politiche locali vietano alle forze di polizia di determinare lo stato di immigrazione di un individuo nel corso delle proprie funzioni di law enforcement. Secondo Trump, queste giurisdizioni violano la legge federale poiché garantiscono rifugio agli immigrati clandestini.
È inoltre atteso l’executive order per la costituzione di un registro dei cittadini di fede islamica, inclusi gli statunitensi. La controversa idea, i cui metodi di attuazione non sono ancora chiari, ha ovviamente suscitato proteste: Madeleine Albright, prima donna ad essere nominata Segretario di Stato, ha annunciato che, pur essendo cattolica e di origine ebraica, si iscriverà al registro a scopo provocatorio.
A questo punto sembra perfino realistica l’ipotesi di Trump di vietare l’ingresso nel Paese a chiunque professi la religione musulmana. Una bozza di executive order parla già di sbarrare le frontiere ad ogni richiedente asilo proveniente dalla Siria, oltre al blocco di 120 giorni nell’accettazione di tali richieste, in attesa che arrivino ordini precisi dall’alto. A tal proposito, sembra necessario citare alcune parole pronunciate dal Presidente degli Stati Uniti nel corso della sua prima intervista ufficiale: Trump, rispondendo sul tema della lotta al terrorismo, ha affermato che “la tortura funziona” e che “dovremmo combattere il fuoco con il fuoco”, anticipando che discuterà col Direttore della CIA Mike Pompeo cosa “potrà o non potrà essere fatto legalmente”, ma manifestando la sua apertura al metodo del waterboarding.
Pur conoscendo la personalità di Donald Trump sarebbe stato difficile attendersi un avvio di questo tipo, anche fosse solo per accontentare le istanze populiste che l’hanno messo a capo del Paese più potente del mondo. Certo è che una politica del genere, solo tre mesi fa ed a prescindere dal risultato elettorale, sarebbe sembrata molto, molto difficile, se non impossibile.
Aggiornamento (26/1, 18:16): Pena Nieto ha poi annunciato la cancellazione del suo viaggio a Washington per incontrare Trump, previsto per il 31 gennaio. Trump aveva precedentemente affermato su Twitter che, se il Messico non fosse stato intenzionato a pagare per il muro, Pena Nieto avrebbe fatto meglio a cancellare il meeting.
[…] in parte per la presenza di due partiti pro-insediamenti al governo, in parte per l’arrivo di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti. Già il 24 gennaio, appena quattro giorni dopo […]