Compassione e paura: peso delle emozioni umane nell’azione pubblica

Sulla natura del sentimento di compassione, nelle parole di Hannah Arendt e di chi prima di lei.

La compassione e la paura sono due sentimenti che hanno in comune più di quanto sembri: prima fra tutte è la loro inefficacia nello spazio pubblico.

Prendiamo per esempio Patkh Sabally, un giovane del Gambia di 22 anni. La sua storia la possiamo immaginare. È un migrante. Patkh, stando alla cronaca, ha raggiunto Venezia, dove si è tuffato nel Canal Grande ed è affogato, davanti a decine di persone. Le pagine di cronaca di questi giorni aggiungono diversi dettagli alla storia: si immagina il suicidio a causa del permesso di soggiorno revocato, mentre le riprese video degli astanti già diffuse sul web mostrano come Patkh non afferri i salvagenti e sparisca più volte sott’acqua, fino ad annegare sotto gli occhi dei molti presenti.

La riflessione nasce da un fatto concreto: l’eco che sta avendo questa notizia ci segnala un cortocircuito. Prendiamo in considerazione solo un aspetto di questa storia. Perché nessuno ha salvato Patkh? Tralasciando ogni considerazione su questioni di natura politica, proviamo ad identificare quali fossero gli aspetti umani in gioco in tale situazione. Immaginiamone due: la paura e la compassione.

UNA COMUNE NATURA UMANA – Ci siamo voluti affidare alle parole di una famosa pensatrice dello scorso secolo e cioè Hannah Arendt, selezionando solo alcuni passi della celebre filosofa, in particolare quelli contenuti nel saggio “Umanità in tempi bui – Riflessioni su Lessing”. Questo saggio costituisce il discorso pronunciato dalla Arendt in occasione del conferimento del Premio Lessing, nel settembre del 1959.

Fu già Rousseau, secondo Arendt, ad inaugurare in tempi moderni la rivalutazione del sentimento di fraternité come spirito della Rivoluzione Francese. Tale rivalutazione consentì alla compassione di rivestirsi del manto della naturalità. Veniva ritenuto cioè parte integrante del comportamento umano naturale (la naturale reazione di sofferenza nel veder qualcuno soffrire) , e diventava fondamento dell’umanità. Scrive Arendt: “la compassione giocò un ruolo fondamentale per la scoperta e la conferma di una natura umana comune a tutti gli uomini. Da allora è diventata parte inseparabile della storia delle rivoluzioni europee”.

Ed era proprio nella volontà di avvicinare il mondo dei miserables e degli esclusi che lo spirito rivoluzionario francese andava in cerca della sorgente della fraternité.

hannah arendt
Johanna “Hannah” Arendt (1906-1975). (Käthe Fürst)

COMPASSIONE NELL’UNITÀ E NELLA PAURA – Per Arendt infatti la compassione risulta essere un elemento che si crea grazie ad un particolare fenomeno, che avviene esclusivamente nel mondo degli esclusi, dei perseguitati. E cioè la loro condizione di perdita di spazio pubblico ( è questo ciò che Arendt intende per “tempi bui”, cioè il tempo in cui lo spazio pubblico che permette l’interazione fra gli individui viene meno.) fa letteralmente avvicinare gli uni agli altri così tanto da generare un particolare tipo di calore, di solidarietà e di umana gentilezza. Ma non appena la situazione cambia e si riacquista lo spazio pubblico, questo tipo di energia sparisce.

Quale è stata la considerazione della compassione quindi, prima di Rousseau?

La riflessione parte da una considerazione su Lessing, che secondo Arendt non aveva un atteggiamento verso il mondo né positivo né negativo, ma radicalmente critico. (Il rapporto che si ha con il mondo, la posizione da cui si giudica, costituisce uno dei nodi centrali della filosofia di Arendt). L’intensità e la direzione con cui l’azione umana interagisce con l’esterno da se è dato dalla posizione che si ha nei confronti della realtà. Per Arendt è esplicito in Lessing il richiamo alla dottrina greca delle passioni che “annoverava per esempio la collera fra le passioni piacevoli e relegava la speranza insieme al timore tra i mali. Questa distinzione […] si fonda sul grado di realtà, non nel senso che la realtà si misuri in base alla forza con cui le passioni colpiscono l’anima, piuttosto in base alla quantità di realtà che la passione trasmette all’anima”. “L’estetica di Lessing” continua Arendt “contrariamente a quella di Aristotele, vede nella paura una forma di compassione, la compassione che noi proviamo per noi stessi. Mentre l’essenza dell’azione, in accordo con Aristotele, si preoccupa dell’effetto sullo spettatore, che per così dire rappresenta il mondo”.

VALUTAZIONI ANTICHE E MODERNE – Già per Aristotele la compassione non sembra quindi aver sempre goduto di ottima fama e Arendt ne mette in luce i motivi. È la compassione, tanto quanto la paura, a rendere inattivo l’individuo, incapace di confrontarsi con il mondo che lo circonda.

“I tempi moderni e l’antichità sono d’accordo su un punto: entrambi considerano la compassione come qualcosa di totalmente naturale, altrettanto inevitabile per l’uomo della paura, per fare un esempio. Tanto più colpisce l’opposizione tra gli antichi e i moderni nella valutazione della compassione. Proprio perché avevano riconosciuto con tanta chiarezza la natura effettiva della compassione, che invade come la paura senza possibilità di difesa, gli antichi non consideravano l’uomo compassionevole migliore di quello pauroso. Entrambe le emozioni, essendo puramente passive, rendono l’azione impossibile.”

È nei tempi bui, come ci indica Arendt, che avviene la condizione di cecità o impossibilità di interazione con il nostro prossimo, che rappresenta per noi il resto dell’umanità al di fuori di noi stessi, nella dimensione dell’agire pubblico. Ma non è neanche la compassione, troppo simile alla paura nel suo effetto paralizzante, secondo Aristotele, che può fornirci il paradigma di azione nello spazio pubblico.

Giorgio Avitabilehttps://totalmentealtro.wordpress.com/
Sono romano di nascita ma portoghese d'adozione. Ho studiato Scienze Politiche e Filosofia. I miei campi di interesse sono l'Antropologia Filosofica e Culturale, la Filosofia Politica e la Filosofia Morale. Sono interessato particolarmente al pensiero di Aristotele, Spinoza, Simone Weil e Hannah Arendt. Sono fondatore di Bunte Kuh.

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